Intervista di Elena Buccoliero

Intervista a Maria Francesca Pricoco, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania

Di Elena Buccoliero

Giudice minorile da oltre venticinque anni, da quattro il magistrato Maria Francesca Pricoco presiede il Tribunale per i Minorenni di Catania che lei considera “il quarto porto del distretto”, insieme con Pozzallo, Catania e Augusta, per il flusso elevatissimo e crescente di minori stranieri non accompagnati. Già, perché nel suo territorio sono i giudici minorili, e non i giudici tutelari, ad occuparsi dei MSNA, in una collaborazione strettissima con i servizi territoriali, le forze dell’ordine, le strutture di accoglienza.

 

 

 

Qual è la competenza territoriale del TM di Catania?

 

Comprende le province di Ragusa, Siracusa e Catania, e Messina ma solo per due comuni, anche molto piccoli.

 

È corretto dire che l’accoglienza dei MSNA è per voi un ambito di lavoro centrale?

 

Bisogna fare riferimento alla configurazione geografica del distretto per comprenderlo pienamente. Il nostro è un territorio di sbarco. Comprende tre dei porti siciliani più frequentati: quello di Catania, a diretto contatto con la città; nella provincia di Ragusa, Pozzallo e, a Siracusa, Augusta. La scelta di dirigere qui le navi che provvedono ai soccorsi è determinata dal fatto che sono porti riparati dove è possibile espletare tutte le attività necessarie, di primo soccorso, screening sommario e selezione dei maggiorenni rispetto ai minorenni.

 

Tutto questo inizia dal 2013, ma già nei primi anni Novanta il nostro distretto riceveva MSNA che arrivavano a Lampedusa o a Porto Empedocle e venivano trasferiti qui per la seconda accoglienza. Le modalità e i numeri sono diversi, ma la nostra esperienza è di almeno 20’anni.

 

I minori di cui vi occupate scappano dalla guerra?

 

Quando iniziò questa grande ondata, fine 2012 inizio 2013, il maggior flusso riguardava minori siriani o eritrei in fuga dalla guerra. Attualmente la prevalenza arriva dall’Africa occidentale (Gambia, Mali, Senegal) e dall’Africa centrale, ed è cresciuto nuovamente l’ingresso di egiziani.

 

Puoi darci una dimensione del vostro lavoro? Quanti procedimenti avete?

 

In questo momento, circa 2.000 fascicoli pendenti per MSNA.

 

Su un totale di…?

 

Direi 3500-4000 fascicoli, per cui quelli per i MSNA sono grossomodo la metà.

 

Quali sono i compiti del TM?

 

All’interno dei nostri procedimenti garantiamo la collocazione dei minori, la nomina di un rappresentante legale, la conoscenza diretta attraverso l’ascolto, e la formulazione di un progetto per una possibile integrazione. Questo è lo schema di base, che si modifica secondo le necessità. Utilizziamo molto l’affidamento: al servizio sociale, che ha un significato giuridico, ma in alcuni casi riusciamo a realizzare anche affidamenti etero familiari, oppure a parenti che si trovano nel territorio nazionale, o anche in altri Paesi europei e ai quali abbiamo inviato i minori. È un lavoro che curiamo moltissimo, una delle priorità, questo di rintracciare i familiari per favorire i ricongiungimenti.

 

In alcune regioni italiane le decisioni sui MSNA vengono assunte dal Giudice Tutelare, in altre dal TM. Come si è definita la vostra competenza?

 

So perfettamente che la scelta del mio TM, come di quelli di Reggio Calabria, Catanzaro, o dei TM pugliesi, di accentrare nell’ambito minorile tutta la questione dei MSNA, non corrisponde all’orientamento maggioritario che fa riferimento alla nomina del tutore da parte del GT.

 

Noi abbiamo provato inizialmente a mettere in piedi un coordinamento con i GT ritenendo che quella fosse l’autorità deputata a nominare il tutore, e che tutta l’attività di affidamento e cura dei diritti della persona minorenne straniera dovesse rientrare nelle nostre prerogative. Ad un certo punto alcuni GT ci hanno chiesto espressamente di non occuparsi più dei MSNA perché non erano in grado di gestirli. Abbiamo elaborato insieme al Pubblico Ministero minorile una interpretazione giuridica diversa basata sul principio di concentrazione della tutela e sul T.U. per l’immigrazione e l’attuale disciplina introdotta nel mese di settembre 2015 sulle misure di accoglienza . Abbiamo ritenuto che per i MSNA si dovesse applicare la norma secondo cui “Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza” (art 37 bis l. 184/83).

 

La procedura, a scanso di equivoci, non tende all’adozione dei MSNA ma all’applicazione di quegli istituti giuridici, quali l’affidamento al servizio sociale e alle famiglie, e la nomina del tutore, che garantiscono la rappresentanza legale e il riconoscimento dei diritti personali propri della persona minorenne: protezione, cura, assistenza, accompagnamento verso una soluzione che possa garantire la salvaguardia della loro posizione di soggetti vulnerabili.

 

Riuscite a inserire i MSNA nelle famiglie?  

 

Stiamo lavorando tanto per incentivare l’accoglienza familiare ma non è semplice. Quando spieghi che non si tratta di aprire la porta al bambino bellino e sperduto che ha tanto bisogno d’affetto ma di accogliere un minore straniero, spesso adolescente, in condizione di gravissima deprivazione, le disponibilità delle famiglie sono molto ridotte. Nonostante la propaganda e l’idea che l’affidamento sarebbe la soluzione ottimale anche per i costi ridotti, per la possibilità di dare più attenzione al singolo o a pochi ragazzi… Abbiamo le case famiglia, alcune fanno un lavoro eccezionale, ma non è la stessa cosa.

 

Pensi che i MSNA, che hanno chiare le loro radici, sarebbero disponibili ad un affido familiare?

 

Non si può prescindere dal progetto, ma è connesso a questo istituto giuridico. L’affido non si fa per portare un bambino in una famiglia ma per realizzare un progetto ben definito che comprenda le due parti, che si debbono affidare l’una all’altra. Se penso ai minori stranieri che accogliamo, i più grandi non vorrebbero entrare in una famiglia, i più piccoli devono essere accompagnati ad una relazione familiare che non corrisponde alla loro storia culturale. Occorre tanta preparazione e senso di responsabilità.

 

Come vi siete organizzati per far fronte a questa emergenza?

 

Con l’approvazione del CSM ho previsto un gruppo specializzato che comprende tra l’altro 12 giudici onorari incaricati dell’ascolto del minore. Ascolto che, oltre ad essere un diritto sostanziale come ha sempre ribadito la Corte di Cassazione, nel caso dei minori stranieri è fondamentale, altrimenti non si può fare nulla per tutelarli nella loro scelta di fuggire, non solo alla guerra ma anche alle persecuzioni, ad es. religiose, che possono scaturire nelle famiglie stesse.

 

Siamo soliti pensare a genitori attenti che in situazioni estreme favoriscono il viaggio del figlio per dargli maggiori possibilità di futuro, forse non è proprio così.

 

Non sempre. Le ragazze nigeriane vengono fatte prostituire anche con l’accordo delle famiglie d’origine, altri affrontano il viaggio proprio per sfuggire ai genitori magari perché è in atto una guerra tra sette religiose, e loro sono stati emarginati per non avere aderito alla dottrina del padre. In altri Paesi, come l’Eritrea, abbiamo ragazzini che fuggono per non essere avviati sin da piccoli alla vita militare. Comunque non stiamo parlando della maggioranza.

 

Chi sono i MSNA che arrivano sul vostro territorio?

 

Ragazzi che vivono in povertà, cercano condizioni di vita migliori e pensano di trovarle qui, perché nei Paesi di provenienza, soprattutto per chi viene dall’Africa occidentale, organizzazioni che io definirei criminali li stimolano ad intraprendere il viaggio in cambio di denaro.

 

Una volta che il viaggio è iniziato, ad ogni frontiera incontrano altri che chiedono altro denaro per lasciarli proseguire e sollecitano il desiderio di una vita migliore. Fino alla Libia, dove sono costretti a partire perché non hanno più la possibilità di tornare indietro.

 

In tutto questo percorso, se le famiglie non sono in grado di aiutarli economicamente, sono costretti a lavorare in condizioni di vera e propria schiavitù per andare avanti; così anche in Libia, dove lavorano mesi per raccogliere il denaro da consegnare agli scafisti.

 

Vivono in una condizione difficilissima, i minori che hanno avviato il percorso, perché in molti casi hanno un’idea edulcorata del viaggio e di quello che potranno trovare, e se cambiano idea non possono più tornare indietro. Ti potrei raccontare non so quante storie… Abbiamo fatto una mostra ad ottobre scorso trascrivendo i verbali dei ragazzi, cambiando solo i nomi. Li abbiamo esposti, letti  ai ragazzi delle scuole, è stato molto bello.

 

Attraverso l’ascolto ci siamo messi nella condizione di uscire dalla categoria un po’ indefinita di MSNA per individuare tre gruppi di minori particolarmente vulnerabili.

 

Di chi si tratta?

 

Innanzitutto abbiamo i MSNA sfruttati per la prostituzione, soprattutto ragazze nigeriane. Tra loro si è diffusa, pian piano, la consapevolezza che in TM possono essere protette e si fidano a raccontare la loro storia.

 

Partono dalla loro terra dopo riti vudù, patti di sangue veri e propri a cui partecipano le famiglie e che costituiscono una forma molto forte di pressione per le ragazze, minacciate che, se non si assoggettano, i familiari possono essere sottoposti a conseguenze gravissime fino alla morte. All’arrivo sono molto paurose, in grande difficoltà. Pian piano si affidano sempre più. Diverse di loro ci hanno dato i numeri di telefono delle madame, di tutti quelli che a partire dai loro familiari le avevano destinate alla vita sulla strada, e in collegamento con la Procura della Repubblica ci sono stati tanti arresti di madame sul territorio nazionale.

 

È un argomento sensibile e difficile. A Catania abbiamo un servizio pubblico di etnopsichiatria e gli operatori ci dicono che è difficile anche per loro entrare nella testa di queste ragazze e svincolarle dal patto, anche se quando si apre uno spiraglio questo diventa potente. Con alcune ci siamo davvero riusciti, hanno cambiato vita, hanno studiato… si sono emancipate da questo destino.

 

Il secondo gruppo?

 

Sono i minori con problemi sanitari. Molti ragazzi arrivano qui con malattie gravissime o dopo aver subito violenze estreme. Oltre alle ragazze nigeriane di cui parlavo - che spesso lungo il percorso sono già state violentate, alcune arrivano in gravidanza e vogliono abortire… -, ci sono ragazzi che hanno riportato ferite da arma da fuoco, o bruciati, altri con problemi psichiatrici forti per quello che hanno subito, o che hanno attraversato il mare nella parte inferiore del barcone e sono stati schiacciati. Ragazzi con malattie infettive gravi, tbc o altro. Questo non ci spaventa, i servizi sanitari sono pronti ad occuparsene, a Catania soprattutto ma anche nelle altre province. Questi ragazzi costituiscono un’altra categoria vulnerabile e qualcuno se ne deve prendere cura, per questo ci vuole un referente che tenga il filo della situazione. Non li puoi disperdere, tutti questi problemi.

 

Ed infine…

 

I minori scafisti. Moltissimi vengono fermati e individuati perché conducevano i gommoni. Procediamo con l’accertamento penale ma sono anche minori vulnerabili. Nel penale disponiamo la misura cautelare in comunità ma apriamo parallelamente la procedura in tutela, anche perché occorre nominare un tutore in modo che il processo penale abbia validità.

 

La tutela è affidata ai Sindaci o ai servizi sociali, come in tante regioni italiane, oppure a volontari?

 

Per noi il tutore è sempre un volontario. Come TM abbiamo scelto, con molta fatica, di non nominare mai il sindaco o altri soggetti pubblici. Abbiamo un elenco di tutori su cui stiamo lavorando, e non ti so dire a quanti corsi di formazione per tutori volontari sia io che i miei colleghi abbiamo partecipato. Certo, non è facile, ed è una verifica continua. Sarebbe più comodo nominare il sindaco pro tempore per tutti i minori e non affannarsi troppo. Devo dire però che nella maggior parte dei casi lavoriamo con tutori molto motivati, bravissimi, meravigliosi. Quante storie ti potrei raccontare!

 

Ormai si è determinata una sorta di specializzazione. Per le nigeriane abbiamo tutori che sanno trattare la materia, con tutte le implicazioni civili e penali e con i problemi sanitari connessi. Per i minori con problemi sanitari o vittime di violenza scegliamo spesso persone del privato sociale che assistono i ragazzi in ospedale, e per gli scafisti nominiamo generalmente degli avvocati perché sanno muoversi anche nel processo penale.

 

In che modo interagite con la rete dei servizi?

 

Abbiamo lavorato con le tre province sedendoci ai tavoli tecnici. Abbiamo iniziato con Catania dove nel novembre 2015 abbiamo firmato delle linee guida per coordinare gli interventi attraverso la messa in rete di tutti i soggetti coinvolti. Oltre a noi - TM e PMM – le hanno firmate anche Questura, Prefettura, servizi sociali e sanitari, associazioni umanitarie, rappresentanti delle comunità… Tavoli analoghi sono attivi anche a Ragusa e a Siracusa.

 

Hai fatto un cenno alla etnopsichiatria…?

 

È un servizio fondamentale che ancora da noi, purtroppo, non ha il giusto sviluppo. Abbiamo un etnopsichiatra molto bravo che da anni lavora con adulti e minori stranieri ma è insufficiente per tutto quello che sta accadendo, e poi è a Catania ma le altre province sono scoperte.

 

Il confronto con i giudici onorari e con altri operatori mi fa capire che parliamo di un lavoro molto difficile. Bisognerebbe formare psicologi e psichiatri perché sappiano trovare il giusto approccio, affinare le tecniche di ascolto, e tutto quello che attiene non solo alla comprensione ma al trattamento dei problemi derivanti da esperienze tanto drammatiche.

 

Come valuti il sistema di accoglienza?  

 

Nell’agosto scorso è stata ampliata la possibilità di accogliere minori in strutture di emergenza messe in piedi dai Prefetti anche al di fuori dagli standard preesistenti. Come TM abbiamo una funzione di ratifica degli inserimenti mentre il PMM svolge i controlli sulle strutture, ma è un mare magnum difficilissimo da fronteggiare anche per le situazioni di illegalità che si insinuano.

 

Le strutture con cui lavorate le conoscete?

 

Tante le conosciamo ma qui sorgono come funghi, solo stamattina mi hanno detto due nomi nuovi. Abbiamo cercato di costruire una rete molto forte con lo SPRAR nazionale e nelle situazioni di particolare vulnerabilità inviamo alle sedi SPRAR. Per le ragazze nigeriane la legge prevede una soluzione dedicata alle minori vittima di tratta e di prostituzione, ma anche questa rete è satura. È un discorso davvero complesso. Stiamo lavorando a vari livelli per avere una regia nazionale di distribuzione dei minori in tutta Italia, perché per il momento la maggior parte resta in Sicilia. Il nostro auspicio è che dopo lo sbarco vengano distribuiti in tutto il territorio nazionale.

 

Per gli adulti è così.

 

Per gli adulti, ma non per i minori.

 

Come mai?

 

Le comunità del nord non si sono fatte avanti per accogliere MSNA, tra le ragioni potrebbe esserci quella che la retta pagata dal Ministero dell’Interno sul Fondo nazionale per l’immigrazione è di 45 euro al giorno a fronte degli oltre 100 corrisposti alle comunità educative per i minori allontanati dalla famiglia, o inseriti in percorsi penali.

 

Stiamo andando verso un’accoglienza a due livelli, di serie A per chi ha una famiglia sul territorio e di serie B per tutti gli altri?

 

Io penso che con una retta di 45 Euro ce la possano fare. Il problema sorge per i minori con problematiche particolari, che hanno bisogno di servizi specifici, però il Ministero esclude la possibilità di pagare una cifra maggiore. Bisognerebbe almeno che le strutture rispettassero gli standard, alcune non mettono nemmeno gli operatori necessari. Poi c’è che la Regione Sicilia, purtroppo, nonostante questo sia il budget, richiede alle strutture standard troppo alti, impossibili da raggiungere.

 

Da qualche anno, periodicamente, ci viene comunicata la cifra dei minori dispersi. Ragazzi che arrivano in Italia come MSNA, vengono inseriti in una struttura ma di cui poi si perdono le tracce.

 

Alcuni hanno informazioni molto precise su come funziona il nostro sistema di accoglienza, quello che possono o non possono fare, e seguono un percorso migratorio definito. Scappano verso il nord Europa - hai visto cosa è accaduto al confine con la Francia -, vogliono raggiungere l’Olanda, la Svezia… particolarmente i siriani, che in Svezia hanno delle comunità. Tanti si disperdono per questo motivo, di altri non sappiamo più nulla.

 

 

 


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