Il 21 febbraio 2017 i giornali hanno riportato la notizia. Si è chiuso con la prescrizione, presso la Corte d’Appello di Torino, il processo contro un uomo accusato di abusi sessuali sulla figlia della compagna (la bambina aveva 7 anni) e condannato in primo grado a 12 anni di reclusione.
Ma poiché di anni ne sono passati 20, da quando tutto è iniziato, si è arrivati alla prescrizione. I magistrati hanno chiesto scusa ai cittadini italiani e alla vittima, che oggi è una donna di 27 anni.
Il processo prescritto
non cancella il delitto
ma chi teme una pena
ora offre la cena.
Non che sia divertente
anche per quella gente
aspettar la sentenza
di un processo in giacenza
ma chi è stato segnato
come un bimbo abusato
in vent’anni ha un’attesa
che diventa una resa.
Bene fa il magistrato
a mostrarsi prostrato.
Suona come un inganno
quel ventesimo anno.
Tutto questo è il prodotto
di un sistema deviato.
Non intendo corrotto
ma piuttosto malato
dove manca la carta
e non c’è il cancelliere
dove niente si sposta
e non si deve sapere.
Il legame è evanescente
con la vita della gente
e una vittima speciale
è un dettaglio marginale.
Sono vittima anch’io
e lo dico a modo mio
quando un orrido delitto
può perfino andar prescritto.
Ora scrivono che è un orco.
Chissà, forse è solo un porco
un malato, un perverso…
non lo so e non trovo un verso.
La condanna in tribunale
è appaltata al telegiornale.
Preferirei una giustizia efficace
che dinanzi a un delitto si pronuncia e non tace.
di Elena Buccoliero